MARIAM ABOUZAHRA
La violinista diciassettenne Mariam Abouzahra è nata in Germania da genitori ungheresi ed egiziani. Ha debuttato con un’orchestra all’età di sei anni e da allora si è esibita come solista con la Filarmonica di Mosca, la Royal Philharmonic Orchestra di Londra, l’ORF Radio-Symphonieorchester di Vienna, la Concerto Budapest, l’Orchestra Sinfonica di Milano, l’Orchestra da Camera di Ginevra, e molte altre ancora. Ha suonato in 25 Paesi, in sale prestigiose come il Musikverein di Vienna, il Lincoln Center di New York, il Covent Garden di Londra, la Sala Čajkovskij di Mosca e il Teatro Carlo Felice di Genova.
Nel 2024, è stata invitata al Festival di Verbier come “Junior String Soloist”.
Dal 2019, studia con Dora Schwarzberg a Vienna. Ha partecipato a masterclass con musicisti del calibro di G. Schulz, C. Tetzlaff, G. Pauk e A. Hadelich. Ha vinto numerosi premi, tra cui il 1º Premio al Concorso Viotti, e si è esibita con artisti come Plácido Domingo, Gábor Takács-Nagy, Maxim Rysanov, Dmitry Sitkovetsky, István Várdai e András Keller.
1. C’è stato un momento o un’esperienza specifica che ti ha fatto capire di voler diventare musicista?
Entrambi i miei genitori sono pianisti, quindi diventare musicista è sembrato il percorso più naturale per me. Sono cresciuta guardandoli partire in tournée in tutto il mondo con varie orchestre. Fin da quando ho memoria, sono stata circondata da una vita fatta di ascolto, studio, viaggi e concerti.
2. Quando ti esibisci, cosa speri di comunicare o far provare al pubblico?
In ogni brano musicale ci sono pensieri ed emozioni, un messaggio che il compositore ci invia – qualcosa che spesso non può essere espresso a parole, ma che attraverso la musica possiamo sentire. Quando mi esibisco, sento come mia responsabilità trasmettere questo messaggio emotivo al pubblico, che il compositore sia vissuto 300 anni fa o sia ancora in vita.
3. Se dovessi presentarti suonando un solo brano di tutto il repertorio, quale sceglieresti e perché?
Se dovessi presentarmi con un solo brano, sceglierei la Sonata per violino solo di Bartók. Essendo per metà ungherese, sono cresciuta circondata da canti popolari ungheresi, e anche se la sonata non li cita direttamente, parla la loro lingua. Come diceva Bartók, ha tratto ispirazione dalla musica popolare – dalla fonte pura – e allo stesso tempo, la sonata esprime emozioni umane sincere e profonde, con la stessa intensità e integrità strutturale delle opere per violino solo di Bach.